Carissimi sorelle e fratelli parrocchiani,
il tempo di Pasqua si è concluso con al festa di Pentecoste che abbiamo celebrato
Domenica 5 Giugno. Il nome di Pentecoste viene dal greco pentekoste che significa
cinquantesimo (giorno). Pentecoste è il compimento della Pasqua. Per gli Ebrei la Pasqua è
il ricordo dell’uscita dall’Egitto, Pentecoste il ricordo della consegna dei comandamenti sul
monte Sinai. Per noi cristiani Pasqua è la festa della resurrezione di Gesù e Pentecoste la
festa dell’effusione dello Spirito con la nascita “ufficiale” della Chiesa. La Chiesa si aspetta
che lo Spirito lavi ciò che è sporco, sciolga ciò che è indurito e raddrizzi ciò che è sviato. La Chiesa
definisce lo Spirito consolatore nell’abbandono, padre dei poveri, luce dei cuori, ospite grato dell’anima,
balsamo e ristoro per gli uomini. E crede che senza l’opera dello Spirito Santo nell’uomo niente
possa esistere né essere integro e sano.
Nell’evento della Pentecoste descritto da Luca negli Atti degli Apostoli, lo Spirito
Santo si manifesta ai discepoli innanzitutto con il rombo di un vento impetuoso. Il vento è
una delle creature più misteriose: entità invisibile, inafferrabile, volubile e imprevedibile;
impetuoso come un guerriero, a volte alito lieve: ulula sui monti, sferza il mare, sradica gli
alberi, piega ciò che è elastico, spezza ciò che è rigido. Lo Spirito Santo, come la brezza
leggera per il profeta Elia, può venire a noi in forma molto lieve così da accorgerci di Lui
solamente nel silenzio, può accarezzarci teneramente nel dolce soffio del vento. Ma lo
Spirito, come il giorno di Pentecoste, viene come il vento in tempesta, ci smuove, ci mette
in movimento, ci scuote, soffia lontano da noi la polvere. San Giovanni XXIII ha descritto
bene questa immagine pentecostale, quando prima del Concilio ha esortato i cristiani ad
aprire le finestre, perchè lo Spirito Santo portasse vita nuova nella Chiesa. Chiediamo a Dio
che mandi il suo Spirito, perché tutti noi che siamo Chiesa non ci scoraggiamo davanti alle
difficoltà dell’evangelizzazione, ma abbiamo il coraggio di uscire da noi stessi per
risvegliare la tempesta dell’entusiasmo nella gente.
Un’altra immagine dello Spirito Santo è il fuoco. Lo Spirito scende sugli apostoli in
lingue di fuoco. Il fuoco è simbolo di vitalità. Se diciamo di una persona che ha un fuoco
interiore intendiamo dire che è vivace, pieno di forza, che emana vita, amore, gioia. La
Pentecoste sia allora la festa della nostra vitalità: desideriamo essere vivi, saper amare
davvero. Spesso ci sentiamo sfiniti, vuoti, senza slancio, annoiati, senza emozioni.
Infine, la terza immagine che Luca usa per l’azione dello Spirito Santo è l’immagine
del linguaggio: gli apostoli cominciarono infatti “a parlare in altre lingue, come lo Spirito
dava loro il potere di esprimersi” (At 2,4). E’ un’immagine che rimanda alla confusione
delle lingue, come ci è raccontata nel Libro della Genesi nel famoso episodio della Torre di
Babele (Gn 11,1-11). Pentecoste è la riposta di Dio alla confusione delle lingue avvenuta a
Babele. Lo Spirito Santo ci rende capaci di un nuovo modo di parlare, di una lingua che
tutti comprendono, di un modo di parlare entusiasta, che contagia gli altri. Oggi nella
Chiesa, e nella nostra comunità, soffriamo per la nostra incapacità di parlare. A volte non ci
parliamo, o parliamo lontani gli uni dagli altri. Il nostro linguaggio è diventato vuoto. Non
riusciamo più a raggiungere le persone. Lo Spirito Santo Dio ci doni una lingua comune,
una lingua che abbia un’efficacia sanante e liberante, un modo di parlare capace di
entusiasmare gli altri, perché le nostre parole partono dal cuore abitato da Dio.
Vorrei anche dirvi questo: nella benedizione delle case, che ci ha permesso di
cominciare a raggiungere la popolazione della nostra parrocchia, mi sono reso conto che il
quartiere si è molto invecchiato e molti anziani chiedono aiuti concreti per affrontare
meglio la vita di ogni giorno e vincere la solitudine (acuita dalla pandemia): dalla
compagnia alla realizzazione di attività sociali e culturali per promuovere il benessere; dalla
necessità di relazionarsi con le altre persone alla promozione di opportunità di svago e
intrattenimento e di apprendimento continuo, per “fare” e muoversi. Davanti a questi
bisogni, vorrei che la nostra comunità si attivasse a partire dal prossimo anno pastorale con
un progetto in cui gli anziani, in determinate ore di determinati i giorni, si possano
ritrovare nei locali parrocchiali per vivere insieme un’esperienza di condivisione e che li
faccia vivere, in compagnia di altri, un percorso religioso, culturale e ludico. Dopo avere
lavorato una vita, aver aiutato figli e nipoti da crescere, avere soddisfatto le esigenze della
famiglia e del mondo produttivo, quando ormai la casa è vuota perché tutti hanno
intrapreso il loro percorso di vita, ci si può trovare soli. Si medita in solitudine sulla propria
esistenza, con tanta nostalgia verso il tempo che è velocemente passato. Ritrovarsi con gli
altri, per valorizzare la preziosità dell’età che si sta vivendo e condividere insieme percorsi
di attività quotidiana, contribuisce a superare serenamente i momenti di solitudine. Per
“iniziare” questo nuovo percorso, abbiamo quindi proposto a tutti gli anziani una festa in
Oratorio prevista per Sabato 18 Giugno, per la quale auspico un’ampia partecipazione.
Concludo consegnando al Signore, ringraziandolo, l’anno pastorale che abbiamo
vissuto: lo abbiamo ricevuto dalle sue mani e glielo riconsegniamo con tutto il complesso
di esperienze, di gioie, di sofferenze, di realizzazioni che abbiamo vissuto; con gioia per
tutto quello che abbiamo saputo e potuto vivere di autentico e di giusto; con un po’ di
tristezza e di vergogna per le nostre mancanze e le nostre insufficienze. Ma tutto questo lo
affidiamo alla bontà del Signore perché il Signore faccia diventare ogni cosa un elemento di
quella costruzione di edificio che è la Chiesa, la nostra Chiesa, la nostra comunità.
Buona estate!
Don Tommaso e i confratelli
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