Carissimi sorelle e fratelli parrocchiani,
ricominciamo un altro anno pastorale con la speranza di esserci finalmente lasciati alla spalle la pandemia, ma consapevoli di tutte la sfide che ci aspettano nei prossimi mesi, in particolare quelle legate alla guerra in Ucraina e a tutte le sue conseguenze che ben conosciamo. Come cristiani abbiamo un compito che deriva dal nostro essere nel mondo come il seme nella terra, come il lievito nella pasta, come il sale della terra e la luce del mondo (Cfr. Mc 4,26-32; Lc 13,20-21; Mt 5,13-16). La nostra presenza in quest’ora della storia non può lasciare indifferente il contesto in cui viviamo. Abbiamo il dovere di portare la vita in ogni senso, di trasformare in meglio l’ambiente in cui ci muoviamo e operiamo, di fare la differenza insomma. Pertanto “ricominciare” oltre che un impegno derivante dalla vita stessa, è anche un’esigenza dello Spirito: che lo Spirito Santo, allora, ci illumini perchè nonostante le nostre fragilità continui a rinnovare la faccia della terra (cfr. Sal 103,30) e nonostante le nostre paure e incertezze continui ad indicarci il Regno di Dio presente su questa terra.
Ricominciamo soprattutto dagli stimoli che ci vengono dalla nostra comunità diocesana: lo scorso 30 Settembre si è svolto, nella nostra Basilica, l’incontro del Settore Ovest della Diocesi di Roma (ricordo che tutte le parrocchie della Diocesi sono raggruppate in 5 settori, e la nostra appartiene appunto al V); vi hanno partecipato sacerdoti, religiosi/e, laici, con la presenza del nuovo Vescovo ausiliare Mons. Baldo Reina. In quell’occasione, sono state presentate le linee programmatiche di questo secondo anno di cammino sinodale nella diocesi di Roma, facendo riferimento alle due icone bibliche scelte dal cardinale Vicario Angelo De Donatis, che guideranno questo itinerario: il brano dei discepoli di Emmaus e quello di Marta e Maria. Il Cardinale Vicario ricorda che «in questi brani si parla di una strada in cui si cammina, un villaggio in cui si entra, una casa aperta… Dopo questi due anni di pandemia – riflette il porporato -, così pesanti e faticosi, è forte il desiderio di relazioni, di ascoltarsi, di fermarsi per ripartire riscaldati dalla Parola e dall’amicizia. Senza formalità, senza sovrastrutture. In letizia e semplicità di cuore. Il cristianesimo è questo: un incontro gioioso con Dio fatto carne, che condivide la nostra umanità in tutto e che svela l’uomo all’uomo». La Conferenza episcopale italiana, nel documento “I cantieri di Betania” che indica le prospettive per questa nuova tappa del percorso sinodale, ha proposto l’immagine dei cantieri: il Cantiere della Strada e del Villaggio dove prestare ascolto “ai diversi mondi
in cui i cristiani vivono e lavorano, cioè camminano insieme a tutti coloro che formano la società”; il Cantiere dell’Ospitalità e delle Case dove “approfondire l’effettiva qualità delle relazioni comunitarie e la tensione dinamica tra una ricca esperienza di fraternità e una spinta alla missione che la conduce fuori”; il Cantiere delle Diaconie e della Formazione spirituale che “focalizza l’ambito dei servizi e ministeri ecclesiali, per vincere l’affanno e radicare meglio l’azione nell’ascolto della Parola di Dio e dei fratelli”. Ogni comunità parrocchiale o religiosa, potrà poi scegliere liberamente quale o quali cantiere aprire, a seconda della propria storia, delle proprie sensibilità e necessità.
Infine, i Vescovi raccomandano di “tenere come orizzonte, per l’intero arco del Cammino sinodale, la celebrazione eucaristica quale paradigma della sinodalità…infatti, nella casa di Betania Gesù sedeva a mensa insieme a Marta, Maria e Lazzaro”.
Vorrei, infine, ricordarvi che nel mese di Ottobre la Chiesa celebra il mese missionario. Papa Francesco ci invita ripetutamente a risvegliare la consapevolezza della missio ad gentes e riprendere con nuovo slancio la responsabilità dell’annuncio del Vangelo. La tentazione oggi è di ridurre il cristianesimo alla messa, alla catechesi, a una processione. “L’individualismo” religioso della mia messa, del mio santo, del mio dio fa morire le comunità. Ecco perché dobbiamo ritornare a uno stato “permanente di missione” e come la sentinella di Ezechiele (33,1.7-9) essere pronti a guardare lontano, oltre i propri confini per vedere le meraviglie compiute da Dio e il bisogno di tanti suoi figli. Ovviamente occorre un radicale cambiamento di mentalità per diventare missionari per il mondo.
Che la missione della nostra comunità parrocchiale, sull’esempio di San Luigi Guanella (la cui festa cade proprio il 24 Ottobre), sia un fuoco che arde: che ciascuno di noi si senta coinvolto totalmente a servizio degli altri, buttandosi dentro con tutto se stesso. Se ci sarà questa passione, allora la nostra missione sarà interpretata con intelligenza, creatività, fantasia, con piena dedizione e generosità, senza troppi calcoli, e in ogni età della vita, anche se in modi diversi. La missione sarà la nostra vita.
Concludo annunciandovi che da questo anno pastorale la nostra comunità guanelliana religiosa e parrocchiale si arricchirà della presenza di un nuovo confratello, don Raj, indiano, proveniente dalla comunità del Seminario teologico guanelliano di Roma. Sarà il nuovo viceparroco e affiancherà il nostro caro don Alfredo che continuerà la sua collaborazione pastorale soprattutto nel ministero della Confessione. Auguriamo a entrambi un fruttuoso apostolato.
Un saluto cordiale e buon cammino a tutti.
Don Tommaso
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