Carissimi/e fedeli,
inizia un nuovo anno liturgico con il Tempo di Avvento. Nelle Messe domenicali, saremo chiamati a riflettere sul Vangelo di Luca, il quale scrive a coloro che, come lui, sono giunti alla fede dal paganesimo. Sarebbe molto riduttivo considerare l’Avvento solo come un tempo in preparazione al Natale del Signore Gesù. Di solito ci si prepara nei confronti di un evento che sta per accadere e non di un evento che è già accaduto. Già l’etimologia latina della parola (ad-ventus) ci aiuta a comprendere i meravigliosi significati che questo termine porta con sé. Potremmo pensare a due fidanzati o amici, che si danno appuntamento presso una piazza o un bar: ognuno esce da casa e si dirige verso il luogo fissato, con la gioiosa certezza che anche l’altro ti stia venendo incontro. Ad-ventus, dunque, significa andare incontro a Colui, che, nello stesso tempo, viene verso di noi: il Signore Gesù. Come il popolo d’Israele ha aspettato la venuta del Messia, così anche noi, tramite l’evento del Natale, siamo chiamati a vigilare e vegliare nell’attesa del Signore che viene.
Tramite questa luce, guardiamo la storia, prendendo consapevolezza di come tutte quelle
forme di potere, che sembravano invincibili, costituite da imperi e personaggi, sono cadute e passate. Quante volte la storia personale di ciascuno di noi ha subito profondi sconvolgimenti e sembrava la fine del mondo; eppure l’umanità da sempre, ha saputo alzare lo sguardo e guardare oltre, penetrando il proprio tempo e trovando motivazioni per rallegrarsi, poiché nulla di quanto si costruisce e costituisce all’interno di questo mondo è eterno: tutto infatti cade, tranne la nostra essenza dell’essere figli di Dio. Proprio perché abitati dall’assoluto troveremo sempre nuove ragioni per proseguire, nella sicura speranza
di andare incontro alle motivazioni della nostra gioia. L’Avvento mi ricorda che c’è sempre un oltre, poiché c’è Cristo che viene.
Il prossimo 24 dicembre Papa Francesco aprirà il Giubileo della Speranza. Per i Cattolici l’Anno Santo rappresenta un “tempo straordinario di grazia” dedicato alla riconciliazione e alla remissione di peccati. Questo evento particolarissimo, chiamato anche “Giubileo”, nasce, però, molto prima del Cristianesimo; possiamo trovare la sua origine nell’Antico Testamento: la legge di Mosè prevedeva infatti che ogni cinquant’anni fosse dichiarato un Anno Santo per restituire l’uguaglianza a tutti i figli di Israele. L’etimologia del termine “Giubileo” deriva da yobel, termine ebraico con cui veniva indicato il corno di capro il cui suono dichiarava l’inizio dell’Anno Santo. Durante questo anno veniva lasciata riposare la terra, gli schiavi erano liberati e i debiti venivano rimessi in quanto i creditori rinunciavano a riscuotere. Il Giubileo entrò nella tradizione Cristiana nel 1300 grazie a papa Bonifacio VIII che indisse il primo Anno Santo del mondo cattolico. Dal XV secolo la Chiesa stabilì che il Giubileo fosse indetto ogni venticinque anni, periodo di tempo che definisce il Giubileo ordinario.
Il segno che accompagnerà la nostra preghiera liturgica di Avvento sarà la porta. La Porta Santa è uno dei simboli più forti del periodo giubilare ed ha un significato ben preciso: rappresenta infatti il passaggio che ogni cristiano deve fare dal peccato alla grazia, pensando a Gesù che dice «Io sono la porta» (Giovanni 10, 7): è Lui la porta di salvezza. La PORTA è un luogo limite, il segno del passaggio per antonomasia. Linea di separazione tra un dentro e un fuori, tra una condizione e un’altra. Soglia attraverso la quale si può entrare o uscire. Può essere chiusa o aperta. La porta, il varcare una soglia, l’aprire o chiudere i battenti sono immagini e gesti simbolicamente carichi di significato. Proprio come apriamo i nostri cuori per prepararci ad accogliere il Bambino Gesù, l’apertura della Porta Santa ci invita ad aprirci a nuove possibilità nel nostro cammino di fede. È come se Dio dicesse: “Entra! C’è ancora Speranza!” Speranza di perdono, di nuovi inizi, di sentirsi accolti e amati, di incontrare il Signore in un modo nuovo, di vedere il mondo e gli altri con occhi rinnovati. Il rituale di apertura della porta Santa conferma e valorizza questa idea di passaggio e di connessione tra l’umano e il divino. L’anno giubilare ci invita a vivere in pienezza la misericordia di Dio e la nostra possibilità di ricominciare da capo. E non è forse ciò di cui abbiamo tutti bisogno? “Tutti sperano. Nel cuore di ogni persona è racchiusa la speranza come desiderio e attesa del bene, pur non sapendo che cosa il domani porterà con sé.” Il Giubileo sia un’opportunità per lasciar andare i nostri errori e lasciarci abbracciare dall’amore di Dio, per vivere il perdono verso di noi e verso gli altri.
Concludo rinnovando la certezza che anima l’attesa dei credenti: «Dio è con noi ». Vivere nella fede e con frutto il tempo dell’Avvento – come pure l’anno giubilare – non è soltanto uno sforzo della volontà umana. C’è una certezza che anima la speranza e le attese del credente: Dio è con noi. Ciò, appunto, che la liturgia del Natale ci fa celebrare.
C’è, a questo proposito, un bel passo che sant’Aelredo di Rievaulx, un monaco cistercense del XII secolo, ha scritto a commento del mistero dell’Incarnazione: «Dunque Dio è con noi.
Sinora Dio era sopra di noi, di fronte a noi: oggi egli è l’Emmanuele, oggi Dio è con noi nella nostra natura, è con noi nella sua grazia; con noi nella nostra infermità, con noi nella sua bontà. Con noi nella nostra miseria, con noi nella sua compassione. Come potrebbe essermi più vicino? È stato piccolo con me, infermo con me, nudo con me: si è conformato a me in tutto, ha assunto quanto era mio e mi ha elargito quanto era suo. Giacevo come morto: privo di voce, di sensi, di luce degli occhi. Ed ecco che oggi è disceso quel grande profeta, potente in opere e in parole: ha posto il suo volto sopra il mio volto, la sua bocca sopra la mia bocca, le sue mani sopra le mie mani, ed è diventato l’Emmanuele, il Dio con noi».
Buon Avvento!
don Tommaso
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