Giovanni 16, 16-20
16 Un poco e non mi vedrete più; un poco ancora e mi vedrete». 17 Allora alcuni dei suoi discepoli
dissero tra loro: «Che cos’è questo che ci dice: «Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi
vedrete», e: «Io me ne vado al Padre»?». 18 Dicevano perciò: «Che cos’è questo «un poco», di cui
parla? Non comprendiamo quello che vuol dire». 19 Gesù capì che volevano interrogarlo e disse loro:
«State indagando tra voi perché ho detto: «Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi
vedrete»? 20 In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi
sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia.
Ascoltiamo la Parola
«Quando c’ho il mal di stomaco, ce l’ho io, mica te!». Non è un padre della Chiesa, d’accordo, ma
un poeta moderno sì. Si tratta di un verso della canzone “Cosa succede in città” di Vasco Rossi.
L’empatia non è una capacità che si compra a gratis. E non va mai di moda, purtoppo. Così «voi
piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà» non costituisce una fosca e cupa profezia, ma la
constatazione di un dato di fatto. La capacità di «rallegrarsi con quelli che sono nella gioia» e di
«piangere con quelli che sono nel pianto» (cf. Rm 12,15) non è cosa che si acquisisce naturalmente,
ma è necessario uno sforzo attivo, un impegno a custodire l’autentica umanità, che non è patrimonio
mio o tuo, ma comune. Concepire l’umanità come qualcosa di fragile e capace di essere ferito è
forse il punto più arduo, la vera sfida per entrare nel mondo dell’empatia. Accettare e fare la pace
con la parte della «tristezza» che abita il proprio cuore significa imparare a non aver paura degli
angoli oscuri dei cuori altrui. E solo così si può creare fraternità vera.