Vangelo 13 giugno

Matteo 5, 20-26
  20 Io vi dico infatti: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. 21 Avete inteso che fu detto agli antichi: Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio.  22 Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: «Stupido», dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: «Pazzo», sarà destinato al fuoco della Geènna. 23 Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te,  24 lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono. 25 Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione.  26 In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo!


Ascoltiamo la Parola
Entrare nel regno dei cieli ha una condizione: esprimere, con il cuore e nei fatti, una giustizia
superiore a «quella degli scribi e dei farisei».Gli scribi e i farisei di cui si parla sono le guide
religiose del popolo di Gesù. Quelli che conoscono la Legge di Mosè e il suo commento. Li
studiano, li osservano (applicandoli anche nei casi più difficili da interpretare) e li insegnano. Ma nel vangelo diventano un modello negativo: «Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno». Si può conoscere bene e osservare la Legge ma tradirne il senso profondo. La Legge, che esprime in sommo grado la volontà di Dio per il suo popolo, ha un cuore, un’intenzione fondamentale che la ispira: è la misericordia. La «giustizia superiore» è la misericordia in atto. Non misura l’esecuzione del precetto, ma la qualità di relazioni interpersonali che restituiscono la dignità ferita, che rimettono in piedi chi è caduto, che ristabiliscono rapporti tra pari. È giusto, secondo il cuore di Dio, chi vive per far vivere, chi promuove la vita altrui. Così viene il regno dei cieli.

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