Vangelo 11 novembre

Luca 17, 1-6
1 Disse ancora ai suoi discepoli: «È inevitabile che avvengano scandali, ma guai a colui per cui
avvengono. 2 È meglio per lui che gli sia messa al collo una pietra da mulino e venga gettato nel
mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli. 3 State attenti a voi stessi! Se un tuo fratello
pecca, rimproveralo; ma se si pente, perdonagli. 4 E se pecca sette volte al giorno contro di te e sette
volte ti dice: Mi pento, tu gli perdonerai». 5 Gli apostoli dissero al Signore: 6 «Aumenta la nostra
fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granellino di senapa, potreste dire a questo
gelso: Sii sradicato e trapiantato nel mare, ed esso vi ascolterebbe.

Ascoltiamo la Parola
In questo brano Gesù pronuncia tre parole: sulla gravità dello scandalo, sulla necessità del perdono
e sulla forza della fede. Soffermiamoci su quella centrale riguardante il perdono. Sono due righe che
contengono l’essenziale della nostra fede. In un primo momento Gesù ci invita a correggere
fraternamente chi ci fa del male, ma subito vuole che facciamo attenzione a lui, e  che lo
perdoniamo se si pente di quanto ci ha fatto. Fin qui il discorso può filare diritto. Diventa però
difficile da accettare quando il fratello continua a ricadere nello stesso errore ed ogni volta chiede
scusa dicendo di essersi pentito. Dopo due volte ci viene da dire: “basta! Non sono mica così debole
da farmi prendere in giro continuamente! Se lo fa ancora vedrà di cosa sono fatto!”. Perdonare a
volte sembra roba da deboli, da ingenui. Non dimentichiamo però che Gesù mette al primo posto il
dialogo per chiarire, per scusarsi e per scusare. È proprio la mancanza di dialogo che condiziona
tanti nostri litigi, a livello di comunità, di nazione e di insieme di popoli. Questo rivela che non c’è
stato tanto allenamento al dialogo, alla comprensione reciproca, alla ricerca del bene comune. Con
un simile allenamento il perdono diventa roba da forti.

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