Matteo 2,13-18
13 Essi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse:
«Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e resta là finché non ti avvertirò,
perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo».14 Giuseppe, destatosi, prese con sé il
bambino e sua madre nella notte e fuggì in Egitto, 15 dove rimase fino alla morte di Erode, perché
si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Dall’Egitto ho chiamato il
mio figlio. 16 Erode, accortosi che i Magi si erano presi gioco di lui, s’infuriò e mandò ad uccidere
tutti i bambini di Betlemme e del suo territorio dai due anni in giù, corrispondenti al tempo su cui
era stato informato dai Magi. 17 Allora si adempì quel che era stato detto per mezzo del profeta
Geremia: 18 Un grido è stato udito in Rama, un pianto e un lamento grande; Rachele piange i suoi
figli e non vuole essere consolata, perché non sono più.
Ascoltiamo la Parola
Fin dall’inizio Gesù trova chi lo combatte, chi tenta di distruggerlo e con lui di frenare il disegno
salvifico. È una storia che si ripete con detestabile tragicità in ogni epoca secondo un copione scritto dal
“principe delle tenebre”, cambiano solo i personaggi: ieri era Erode, oggi. La lotta contro Cristo produce
sempre vittime innocenti dell’ingiustizia, dell’odio, dell’indifferenza. È inutile farsi illusioni: il mondo
ha paura di Cristo e della sua Parola, perciò cerca di emarginarla; e quando non ci riesce la combatte. Ha
paura del Vangelo perché è una Parola scomoda, che chiede di rispondere all’odio con amore, al quieto
vivere con l’attiva partecipazione, alla chiusura egoistica con la solidarietà. Se scegliamo di essere
cristiani non possiamo dimenticare questa lotta. La violenza degli uomini può “frenare” la storia della
salvezza, ma non riesce neppure a scalfire Cristo.